96 anni fa l'omicidio di Paolo Cappello, ricordato in un libro

 


96 anni fa, il 21 settembre 1924 nel vecchio ospedale di Cosenza, si spegneva il muratore socialista Paolo Cappello. Era stato ferito una settimana prima, il 14 settembre del 1924, nei pressi del ponte di San Francesco a Cosenza da piombo fascista. Il suo omicidio è a oggi impunito

Nel 2016 su richiesta della commissione studi storici del nostro direttivo, è stata intitolata al muratore socialista della Massa la nostra sezione provinciale.

Oggi, Matteo Dalena, storico e giornalista e vicepresidente di questo direttivo provinciale ne ricostruisce la storia in un libro in via di pubblicazione con Le Pecore Nere. 

Riportiamo uno stralcio della sua introduzione:

"Il corpo senza vita dell’antifascista Paolo Cappello, disteso su un tavolaccio al lume di quattro ceri, è il macabro emblema del passaggio del fascismo dalle parole ai fatti anche a Cosenza, della transizione nel 1924 a un livello superiore, è il culmine di un’escalation fatta di minacce, agguati, scudisciate, arti spezzati e giornali incendiati sulla pubblica piazza. Insieme a quella del giovane studente Riccardo De Luca nel 1921, l’uccisione di Cappello rappresenta il culmine di un triennio in cui pochi e giovani uomini vestiti di nero, lautamente foraggiati e protetti da un sistema di connivenze che garantì loro impunità anche dopo la “caduta”, seminavano il panico in tutta la provincia mostrando muscoli e gengive. Paolo Cappello fu colpito a causa di livori di parte, rancori personali e soprattutto per vendetta. Alcuni membri della milizia fascista mal digerirono l’assoluzione per insufficienza di prove del muratore della Massa dall’imputazione di correità nel ferimento del fascista Carbone, avvenuto il 16 marzo del 1924 a poche settimane dalle elezioni politiche. Quelle in cui il socialista massimalista Pietro Mancini prese addirittura più voti del quadrumviro Michele Bianchi. Si tratta di un processo inedito e che fornisce una nuova chiave di lettura dell’omicidio di Paolo CappelloQuelle che vanno dai primi di aprile alla metà di settembre del 1924 furono settimane roventi e non solo per gli esiti delle elezioni e la denuncia di brogli. Gli animi furono ulteriormente infiammati da un lato dalla notizia della scomparsa e poi dal ritrovamento del corpo senza vita del deputato socialista Giacomo Matteotti (16 agosto), dall’altro dall’omicidio del deputato fascista Armando Casalini (12 settembre). Nel ferimento del muratore della Massa c’è un po’ di tutto questo. La morte in ospedale dopo una settimana di agonia non fa però di Paolo Cappello un eroe di quelli “senza macchia e senza paura”, non lo assolve dalle proprie responsabilità, non lo astrae dal contesto che gli fu più congeniale: quello sporco e pericoloso della strada, della miseria, del vizio, del crimine e della violenza, fatta e subita. Il “muratore della Massa” rivive oggi in quanti arrancano tra gli scarti della società del finto benessere, denunciandone le storture, mettendosi di traverso, ponendo cioè i propri corpi di uomini e di donne dinanzi alle ingiustizie, reclamando pur rudemente diritti. Nemmeno quelli eroi: esseri imperfetti, ligni stuarti, che una volta compresa l’impostura della vita decidono di percorrerla tutta, nel bene e nel male".


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