RIFLESSIONI | L'esercizio del ricordo al tempo del Covid-19





Delle capienti pieghe di questo lungo tempo sospeso è padrone il silenzio, rotto soltanto dal nastro della Municipale che ricorda asfitticamente prescrizioni e divieti. 


In questo piccolo paese del Savuto Cosentino che è Santo Stefano di Rogliano, tutto diventa propizio per la riflessione, lo studio. Riavvolgere il filo dei giorni passati, pianificare, dare senso al domani. Studiare ora per permettere ad altri, tra qualche mese, di coglierne i frutti.

Il virus ci ha tolto tante cose, meno una: il tempo. La quasi sospensione del quotidiano ha reso possibile una serie di attività per le quali la lentezza e il silenzio sono fondamentali. Il presente coi suoi mali, fisici e morali, la frenesia e il caos di vite precarizzate, la mancanza di certezze e il progressivo crollo del senso del limite che c’impone d’indignarci a giorni alterni per questo o quello, levano anzitutto del tempo all’esercizio del ricordo, allo studio del passato. Esercizio sempre benefico per chi è figlio o figlia, nipote o comunque erede di certi ideali, di chi si sente talmente bisognoso di quel “democratico bene” da cercarne spasmodicamente i pilastri in altre epoche, evidentemente diversa da questa. Bisogna andare alla fonte, all’anno zero, quello dell’estirpazione del sozzo bubbone – mi viene in soccorso Manzoni - fascista dal corpo della società.
Anche qui in Calabria e nello specifico nella provincia di Cosenza, i lembi di quella ferita che si credevano cauterizzati tornano periodicamente ad arrossarsi, riaprirsi attraverso i soliti nostalgici riti quali proposte d’intitolazioni di vie ai peggiori criminali del ventennio, raduni, giochi ed esibizioni ginniche in stile fascista. Si tratta dei segni di una purulenza che è necessario nuovamente sanare. Al tempo gli artefici della “prima guarigione”, credevano ottimisticamente che il male non sarebbe più tornato ma, come ci è stato maternamente insegnato: «Nessuna conquista è per sempre, c’è sempre qualcuno che è interessato a toglierla…».

Quando questo virus lascerà le nostre città, quando usciremo dal reclusorio in cui siamo stati costretti per necessità, queste tematiche che per un po’ si sono allontanate dal nostro orizzonte di pensiero torneranno a splendere. E tornerà l’odio oggi in parte sopito, i migranti torneranno a essere messi in croce, i partigiani derisi. E dovremo nuovamente, di petto ma soprattutto di testa, occuparcene. 
Quel “democratico bene” forgiato sulle montagne o nella clandestinità di scantinati di città, cui tutti ci appelliamo quando la violenza suprematista, spesso sessista e quel nuovo odio d’italica provenienza c’indignano, ha dei padri e delle madri che furono giovani, che furono combattenti e che furono eroi.
Ecco che il mio tempo, al tempo del Covid-19, lo passo su carte e libri. Insieme a Maria Pina Iannuzzi la presidente del nostro direttivo che mi supporta in questa titanica impresa (rigorosamente su Dropbox…), cerco con estrema cautela di estrarne un lungo elenco di nomi e cognomi, date, luoghi, professioni che permetteranno, quando questo brutto vento sarà passato, di rinnovare la memoria di tutti i cosentini che presero parte in tempi e modi diversi alla guerra di Liberazione dal nazifascismo. Che decisero cioè di resistere. Sono molti, più di seicento:



contadini, manovali, artigiani, macellai, impiegati e studenti che dallo Ionio al Tirreno Cosentino, dall’Esaro al Savuto, a un certo punto della loro esistenza decisero di lasciare le loro occupazioni, la loro terra e gli affetti per trasformarsi in combattenti per la libertà. Esplorarono luoghi sconosciuti, vette fino ad allora inimmaginate, dal Piemonte al Montenegro, cadendo e rialzandosi, crivellati dal piombo dei nemici della libertà. E molti di essi persero l’integrità dei propri corpi dispersi cui seguì, in molti casi, la polverizzazione del ricordo.

E allora questi giorni di quarantena dominati dal silenzio, dalla lentezza e (parzialmente) dalla paura li passo con loro, i combattenti cosentini per la libertà. Il “Fondo ANPI Cosenza” dell’ICSAIC (Istituto Calabrese per la storia dell’antifascismo e dell’Italia contemporanea), che ci affianca in questa impresa, consentirà nei prossimi mesi di portare a termine
la prima anagrafe dati dei partigiani della provincia di Cosenza, aggiornando gli ormai datati tentativi bibliografici precedenti con i dati delle banche dati del partigianato, disponibili online. Fino a oggi i loro nomi riecheggiavano spesso in vaghe storie ripetute ossessivamente dai figli, conosciute sommariamente dai nipoti, altrimenti rievocate da studiosi e cultori di glorie patrie. Ma la memoria è labile, la dimenticanza è dietro l’angolo: nominarli tutti serve oggi a sottrarli all’oblio di questi tempi cupi.



Matteo Dalena
Giornalista e storico
Direttivo ANPI Provinciale di Cosenza sez. “Paolo Cappello”

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